ISPI George Floyd: Minneapolis burning

Negli Stati Uniti nuove proteste a Minneapolis dopo l’uccisione di George Floyd, il cittadino afroamericano soffocato dagli agenti durante un arresto. Tra accuse di razzismo, fake news e smentite il caso diventa politico. Nuova serata di scontri e disordini a Minneapolis. Negli USA si protesta per la morte di George Floyd, un cittadino afroamericano soffocato da un poliziotto durante l’arresto. Il video dell’omicidio in cui Floyd ripete ‘I can’t breathe’ (non riesco a respirare) è diventato virale sui social network scatenando un’ondata di indignazione, in patria e all’estero. Gli hashtag #Blacklivematters #SaymynameGorgeFloyd sono improvvisamente diventati trending in numerosi paesi del mondo, Italia compresa, ed è partita una campagna spontanea di attori, cantanti, personaggi pubblici e sportivi per chiedere giustizia e denunciare il razzismo e gli abusi delle forze dell’ordine USA nei confronti dei cittadini neri. Da Naomi Campbell a Madonna, a Lebron James e Justin Bieber, tante celebrities stanno rilanciando il video degli ultimi istanti di vita di Floyd, in cui si vede l’uomo a terra e un poliziotto gli preme con violenza per diversi minuti il ginocchio sul collo. L’Fbi ha annunciato un’inchiesta sull’accaduto, come richiesto anche dal candidato democratico Joe Biden, mentre sulla vicenda, il presidente Donald Trump si è limitato a scrivere in un tweet che “Giustizia sarà fatta!” E che “l’episodio è molto triste e tragico”. Cos’è successo? Lunedì 25 maggio alle otto di sera George Floyd viene fermato da una pattuglia della polizia perché sospettato di aver tentato di vendere una banconota contraffatta. Sulle prime fasi dell’arresto non ci sono certezze, perché le immagini del video partono quando l’uomo è già disteso a terra. Una prima versione degli agenti – secondo cui Floyd avrebbe fatto resistenza all’arresto – sembrano essere smentite da altri video che gli inquirenti stanno acquisendo in queste ore dalle telecamere di sorveglianza dei negozi vicini. In un primo momento la polizia aveva parlato di “incidente medico” fornendo una versione poi smentita da diversi testimoni e dalle riprese. Le indagini sono state affidate all’FBI e i quattro agenti della pattuglia incriminata sono stati licenziati, ma non ancora messi sotto accusa. Le manifestazioni successive all’accaduto proseguono a Minneapolis da due giorni e diffondendosi anche altre città degli States, come Memphis e Los Angeles. Nella notte un presunto saccheggiatore è stato ucciso a colpi d’arma dal proprietario del negozio mentre diversi edifici sono stati dati alle fiamme. In rete circolano immagini di diversi devastazioni e incendi di negozi e supermercati nella parte meridionale della città, dove Floyd è stato ucciso. Chi era George Floyd? 46 anni, due figli, George Floyd è stato descritto come un ‘gigante gentile’ dai suoi amici e colleghi. Era uno degli oltre 30 milioni di americani che hanno perso il lavoro a causa delle misure di lockdown per la pandemia, ma secondo il proprietario del Conga Latin Bistro, un ristorante dove lavorava come guardia di sicurezza, era “un dipendente modello”. Al contrario, l’agente Derek Chauvin, che nel video preme il ginocchio sul collo di Floyd, aveva collezionato nel corso degli anni numerose denunce per uso eccessivo della forza ed era implicato in varie sparatorie mortali ai danni di sospetti che, tuttavia, non avevano mai portato a procedimenti disciplinari nei suoi confronti. Sulla vicenda ha preso posizione il sindaco di Minneapolis, Jacob Frey, 38 anni, democratico, che in conferenza stampa ha chiesto: “perché quegli uomini non sono ancora dietro le sbarre?”. Se i quattro poliziotti coinvolti sono stati licenziati, infatti, nei loro confronti non figura ancora nessuna accusa formale. A richiedere un’indagine in tempi rapidi è stata anche Amy Klobuchar, senatrice del Minnesota, il cui nome figura come possibile vicepresidente per il candidato Joe Biden. Un caso politico? La morte di Floyd si aggiunge alla lunga lista dei cittadini afroamericani maschi uccisi da agenti di polizia. Il suo caso ricorda molto quello di Eric Garner, soffocato nel 2014 durante un tentativo di arresto a Staten Island, New York. Ma anche quello di Philando Castile, 32 anni che a luglio del 2016 fu ucciso da un agente sempre vicino Minneapolis, mentre era in macchina con la fidanzata e la figlia. Nel caso di Garner l’agente che ne causò la morte non è stato nemmeno incriminato, mentre il poliziotto che ha sparato a Castile è stato assolto. Inoltre la morte di Floyd segue altri casi recenti di violenza contro i neri come quello di Ahmaud Arbery, un ragazzo di 25 anni, morto a Brunswick, nel sud della Georgia, per le ferite da arma da fuoco riportate mentre cercava di scappare da due uomini, padre e figlio, che lo avevano inseguito mentre faceva jogging. Ma ancora più degli altri, quello di George Floyd sta diventando un caso politico. Sui social sono iniziate a circolare foto manipolate in cui il presidente Donald Trump e Derek Chauvin si trovano insieme. Circostanze smentite, ma il dibattito tra detrattori e sostenitori del presidente alimenta tensioni, incertezza e la spirale di fake news. Radici profonde? Episodi come quello di Minneapolis non sono casi isolati negli Stati Uniti. Il germe del razzismo, nella società e nelle forze dell’ordine è più pervasivo di quanto si pensi e non è confinato solo ai partiti conservatori: Amy Cooper, la donna che a Central Park non più tardi di una settimana fa ha chiamato il 911 per denunciare un uomo che le aveva solo chiesto tenere al guinzaglio il suo cane, vota e sostiene il partito democratico. “Ma nell’America moderna – fa notare Max Boot sul Washington Post – solo un partito politico si è dedicato a alimentare il risentimento bianco per calcolo politico”. E ancora: “Così come i conservatori accusavano i liberal di essere anti-anticomunisti, oggi troppi conservatori sono anti-antirazzisti”. La crisi economica causata dal coronavirus e una campagna elettorale fortemente polarizzata, anche sul piano etico e dei princìpi, non faranno che nutrire un male preesistente. La cui radice sarà più difficile da estirpare di qualunque virus.


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